Mutande 358° Lunedì
Buongiorno da una edizione speciale delle Mutande del Lunedì, quella in cui svuoto qui tutto quello che mi ero messə da parte su Pocket negli ultimi mesi più come al solito altre cose belle che sono uscite la scorsa settimana, you know the deal:
Ricetta di tofu da provare quando farà meno caldo.
Una recensione di Abandon Me di Melissa Febos, e nel frattempo Melissa Febos ha fatto uscire un nuovo libro.
La nuova Zarina (yay!) che porta con sé anche Goldeadora, un podcast dedicato al calcio femminile.
C’è ancora spazio nel mondo per il culto del crossfit?
Sempre valido: come sfreddare case e voi stessə senza usare l’aria condizionata.
Un articolo con un titolo azzecatissimo e un contenuto altrettanto azzeccato.
Tra desiderio, patriarcato e materialismo: le figure femminili di Zhou Weihui e Mian Mian. Interessante focus sulla narrativa cinese dei primi anni 2000.
Parigi non è più la città delle luci ma è diventata la città delle biciclette.
Com’è la tua vita quando tutto è deciso dai ritmi e della sofferenza del tuo animale domestico, che mentre tu non puoi farci niente sta lentamente morendo?
La storia di She Squat, l’occupazione femminista nata insieme al G8 di Genova.
L’universo di Carmen Maria Machado contiene moltitudini.
Momento meme tette.
Una lunghissima e meritevole intervista a Daniela Sea.
In Danimarca nascono sempre meno bambinə con la sindrome di Down e sì è una cosa assolutamente intenzionale (pezzone di fine 2020 di The Atlantic sul quale appiccicare un gigantesco trigger warning etica-eugenetica).
Qui Roxane Gay parla benissimo di una serie che non ho ancora guardato, Flack.
Imagining is a Black tradition. It is a queer tradition. It is a tool we use to see ourselves, to see each other. Speculating or imagining what could be is part of this tradition. We have the right to imagine what is possible beyond the systems that try so hard to destroy us.
Ok, ma cosa significa non binary? Una lunga e accurata dissertazione.
Com’era stato girare Thelma e Luise.
HIV Ruined My Sex Life. Then I Met My Match.
Due ore e ventidue minuti di video per spiegare come mai Riverdale è una delle cose peggiori che siano approdate sul piccolo schermo, non solo per gli errori che funestano la trama ma sopratutto per la sciatteria estrema con cui vengono scritte trattate (e omesse) macro questioni come l’identità, l’omofobia e il razzismo. Lo showrunner di Riverdale è lo stesso di Glee E SI VEDE.
Tweet meritevoli parte uno, parte due, parte tre, quattro e cinque.
Ciao, io vado in vacanza per un po’. Ci si risente a fine agosto, bevete tanta acqua e mantenete sempre le distanze.
Momento del disclaimer: le foto qui sopra sono state reperite principalmente via Tumblr/Instagram, e se ci cliccate sopra arrivate alla fonte. L’immagine in apertura invece è opera di una persona a cui voglio molto bene.
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